I volenterosi esecutori degli ordini di Putin

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Shoigu

È possibile che i Siloviki, i volenterosi esecutori degli ordini di Putin, possano mettere in pericolo il potere del presidente russo? Ecco cosa dovrebbe succedere per un colpo di stato interno al Cremlino.

Andrei Soldatov, Irina Borogan, Foreign Affairs (tradotto da Alessandro Luciano)

11 aprile 2022

Shoigu
Il ministro dell’Interno russo Vladimir Kolokoltsev, il ministro della Difesa Sergei Shoigu e il capo della Guardia Nazionale Viktor Zolotov a Mosca, novembre 2019.
Mikhail Klimentyev / Sputnik / Reuters

Tra le tante domande che circondano la disastrosa guerra russa in Ucraina, una delle più interessanti riguarda le crescenti tensioni tra il presidente russo Vladimir Putin e i suoi stessi servizi segreti e militari. All’inizio della guerra la televisione ha mostrato un consiglio di sicurezza nel quale Putin ha umiliato Sergei Naryshkin, il capo dell’Intelligence estera, per l’insufficiente entusiasmo mostrato rispetto all’invasione. Due settimane dopo, con le forze russe che affrontavano alte perdite e una inaspettata resistenza, Putin ha messo agli arresti domiciliari due generali dei Servizi di Sicurezza Federali (FSB) russi e ha ordinato di cominciare un’indagine sull’operato dell’intelligence, in particolare rispetto all’uso improprio  dei fondi destinati alla disseminazione di gruppi politici pro-Cremlino in Ucraina. Ha anche costretto un vice comandante della Guardia Nazionale a dimettersi, apparentemente a causa di un’indagine penale. All’inizio di aprile, uno dei generali del FSB messo ai domiciliari è stato trasferito nella prigione di Lefortovo.

A quel punto è arrivato il turno dei militari. Per quasi due settimane a marzo il Ministro della Difesa Sergei Shoigu, volto pubblico della guerra e generalmente considerato uno dei più fidati luogotenenti del presidente, è scomparso tra le voci che volevano Putin furioso per l’andamento dell’invasione. Quando finalmente Shoigu è ricomparso, prima in un video di un incontro del consiglio di sicurezza e poi in persona ad una conferenza al Ministero della Difesa, è apparso cupo e cauto. Alla fine di marzo, l’intelligence statunitense ha ipotizzato che il Ministero della Difesa russo non stesse dando a Putin un quadro chiaro sulla guerra, forse per paura di ripercussioni. Il 9 aprile Putin ha riorganizzato la catena di comando militare, nominando il generale Alexandr V. Dvornikov responsabile delle operazioni in Ucraina. 

A un primo sguardo, questi sviluppi suggeriscono un cambiamento sorprendente. Negli anni prima della guerra, i Siloviki, nome con cui l’elite della sicurezza russa è conosciuta, sono stati uno dei principali centri di potere del regime di Putin. Essendo lui stesso un ex ufficiale del KGB, Putin ha confidato a lungo nei servizi di sicurezza per dare solidità alle sue politiche e per aiutarsi a mantenere la presa sul potere. E sebbene i Siloviki siano stati in qualche maniera eclissati dal Ministero della Difesa di Shoigu negli ultimi anni, mai come ora Putin è apparso così in contrasto con i servizi di sicurezza e con i militari. Dato il giro di vite sempre più spietato di Putin su questi uomini e la crescente consapevolezza a Mosca che la guerra è andata male, alcuni osservatori si stanno chiedendo per quanto tempo i Siloviki tollereranno i suoi errori catastrofici.

Tali domande, tuttavia, trascurano la relazione storica tra le forze di sicurezza e lo stato russo – e il modo particolare in cui Putin ha costruito la sua base di potere. Sebbene i recenti sviluppi siano degni di nota non sembrano suggerire una rottura dell’ordine esistente. Anche nel mezzo delle tensioni odierne, le possibilità che membri importanti dell’élite militare o dei servizi di sicurezza possano fare una mossa contro Putin rimangono scarse.  Vale la pena considerare, allora, perché la situazione è questa, e cosa dovrebbe accadere perché cambi. 

Militarizzati ma non mobilitati

Per capire perché è improbabile che i Siloviki si rivoltino contro Putin è necessario prima capire la relazione storica tra i militari e lo stato. Storicamente, l’esercito russo non ha mai rappresentato un gran pericolo per i governanti del paese. Diversamente da altre società pesantemente militarizzate, ci sono stati ben pochi riusciti o solo tentati colpi di stato militari in Russia. L’ultima volta che l’esercito russo ha intrapreso un’aperta ribellione era il 1825, quando i Decabristi provarono a detronizzare lo Zar Nicola I; la rivolta fallì miseramente, con molti dei leader esiliati o uccisi. Nell’esercito russo non si sono sviluppati neanche centri alternativi di potere – sullo stampo degli Ufficiali Liberi d’Egitto, per esempio, che rovesciarono il re Farouk nel 1952. Non che non ci abbiano provato: in numerose occasioni dopo il collasso dell’Unione Sovietica gruppi di veterani militari hanno cercato di ottenere il potere politico, ma ogni volta hanno fallito.

Durante gli anni ‘90, prima che Putin arrivasse al potere, il governo russo era debole e il Cremlino era costretto a cercare l’equilibrio tra gruppi in competizione. A volte questo ha condotto a sforzi da parte di membri militari di accrescere la propria influenza o anche rovesciare il governo. Nell’ottobre 1993, un gruppo di veterani sovietici che si faceva chiamare l’Unione degli Ufficiali prese parte a una rivolta ultraconservatrice, ma furono arrestati prima che la ribellione prendesse il via. Quattro anni dopo un generale russo chiamato Lev Rokhlin lasciò l’esercito e formò il suo partito politico chiamandolo Movimento a sostegno dell’esercito, mirando a prendere il controllo del Cremlino. Acquistò popolarità velocemente, ma poi nel 1998 la moglie di Rokhlin gli sparò durante una disputa familiare alla loro dacia. L’omicidio  diede adito a numerose teorie della cospirazione, ma una cosa è sicura: il movimento di Rokhlin non è sopravvissuto alla morte del suo leader.

In quegli anni i servizi di sicurezza e a volte anche i generali e gli ufficiali militari hanno occasionalmente sostenuto potenti leader regionali, incluso il sindaco di Mosca, come contrappeso al potere del governo. Ma Putin ha sistematicamente eliminato questo tipo di minaccia. La Russia non ha più una significativa forza in grado di opporsi. Gli oppositori politici di Putin sono stati ammazzati (come Boris Nemtsov, che fu assassinato vicino al Cremlino nel 2015), o gettati in prigione (come Alexei Navalny, che è recluso dal gennaio del 2021 e recentemente ha ricevuto una nuova condanna a nove anni di reclusione in una colonia penale di massima  sicurezza), o esiliati (come quasi tutti i luogotenenti di Navalny e un numero crescente di ex addetti ai lavori, come Vladimir Milov, l’ex vice ministro dell’energia, Sergei Aleksashenko, l’ex vice ministro delle finanze, e anche Andrei Kozyrev, l’ex ministro degli esteri della Russia).

Nelle poche occasioni in cui i membri militari hanno sfidato Putin sono stati facilmente bloccati e fatti tornare sui loro passi. Nel 2005, per esempio, Vladimir Kvachkov, un colonnello dell’intelligence militare in pensione, provò ad assassinare Anatoly Chubais, l’economista che è noto per essere il padre del controverso programma di privatizzazione della Russia negli anni ‘90. Nei primi anni del 2000 Chubais è rimasto vicino a Putin e tuttora può contare sulla sua protezione. Il gruppo di Kvachkov fece esplodere una bomba sul ciglio della strada e riempì la macchina di Chubais di proiettili con armi automatiche , ma il tentativo di assassinio fallì e Kvachkov fu mandato in prigione. Quando venne rilasciato provò a organizzare il suo rientro nell’arena politica ma il tentativo fallì, più tardi venne nuovamente arrestato dall’FSB. La sua popolarità era limitata ai vecchi soldati dell’Armata Rossa che credevano che l’Unione Sovietica fosse stata distrutta a causa di una cospirazione ebraica. Tutti gli altri lo consideravano un uomo finito. Come ci disse all’epoca un ufficiale degli Spetsnaz che aveva ascoltato uno dei discorsi di Kvachkov: “Perché dovremmo dargli ascolto come politico se non è neanche riuscito a eseguire un’imboscata, una di quelle operazioni che avrebbe dovuto svolgere alla perfezione quando combatteva in Afghanistan?”.

Guardarsi le spalle

Al di là della sistematica eliminazione delle forze di opposizione, c’è in realtà una ragione strutturale più profonda per l’incapacità dei militari di impensierire il Cremlino. Durante l’era sovietica la polizia segreta teneva l’esercito sotto il suo attento occhio. Già dal 1918, meno di un anno dopo la Rivoluzione Bolscevica, la Čeka, antenata del KGB, formò un’unità deputata a gestire il dissenso dentro l’Armata Rossa. Questa vigilanza fu continua sotto Stalin e i suoi successori, ognuno dei quali mantenne una forte presa sull’esercito: tutte le divisioni militari erano infiltrate da cellule del Partito Comunista e il KGB stabilì una grande sezione di controspionaggio per spiare l’esercito. Quando l’Unione Sovietica collassò il KGB fu in gran parte ricostituito come FSB, i nuovi servizi occuparono lo stesso quartier generale a Lubyanka e continuarono a seguire molte delle stesse pratiche.

Da quando è arrivato al potere Putin ha continuamente accresciuto i suoi poteri con l’aggressività, dando all’FSB ampie concessioni per tenere sotto controllo il dissenso dentro l’esercito. Già all’inizio del 2000, quando era ancora presidente ad interim, Putin approvò una nuova serie di regolamenti che hanno ampliato il coinvolgimento dell’FSB nel controspionaggio militare. L’FSB aveva il potere di indagare, come dice la legge, su qualsiasi “formazione armata illegale, gruppi criminali e individui e associazioni pubbliche” che potessero cercare un “cambiamento violento del sistema politico della Federazione Russa e la presa o il mantenimento violento del potere”. Nel 2004 l’unità di controspionaggio militare dell’FSB è stata elevata al rango di un dipartimento autonomo dei servizi di sicurezza. Presto è diventata la più grande divisione dell’FSB, con numerosi agenti impiegati nell’esercito russo.

Come risultato di questo compito la presenza degli agenti dell’FSB è pervasiva nell’esercito russo al giorno d’oggi. Ci sono regole che stabiliscono quanti agenti dell’FSB devono essere assegnati ad ogni unità militare. Le politiche dell’FSB, per esempio, prevedono per una piccola base aerea della Guardia Nazionale a Ermolino, nella regione di Kaluga – una base che ospita solo sei aerei e forse una dozzina di elicotteri – la supervisione dal capo dell’FSB locale, insieme alla presenza di più di 20 risorse reclutate e 16 infiltrati all’interno del personale della base.

Nella guerra in Ucraina il ruolo ufficiale dell’FSB è di assicurarsi che le truppe russe non vengano sabotate o attaccate alle spalle. Gli agenti dell’FSB sono anche responsabili di stabilire il controllo politico nei territori caduti sotto il controllo russo. Ma loro tengono anche un attento occhio aperto per controllare le truppe.

Con questa sorveglianza incessante l’esercito russo non è mai riuscito a produrre il tipo di ufficiali in grado di guidare effettivamente una rivolta. Ma che dire invece degli uomini dell’FSB? Come ha mostrato lo stesso regime di Putin, più che i militari è stato il KGB a produrre uno dei più potenti leader che il paese abbia visto dopo Stalin. È più probabile, dunque, che la più grande minaccia per Putin possa arrivare dall’agenzia che lui ha costantemente scelto di rafforzare lungo questi anni: gli ufficiali della Lubyanka.

I volenterosi esecutori degli ordini di Putin

Se qualcuno si aspetta che i membri dei servizi di sicurezza si sollevino contro Putin, tuttavia, farebbe bene a considerare il trascurabile dato del dissenso all’interno dell’FSB. I servizi di sicurezza russi sono sempre stati inclini alla corruzione, ma non sono mai stati particolarmente abili nel costruire basi di potere efficaci e reti proprie. A causa del modo in cui l’FSB è strutturato i singoli ufficiali tendono ad essere fedeli al loro grado e alla loro posizione, piuttosto che a particolari ufficiali superiori all’interno dei servizi; se un generale dell’FSB perde il suo lavoro, non può contare sulla continua fedeltà dei suoi ex subordinati.

I membri dell’FSB sono anche consapevoli che possono essere sottoposti alle ire di Putin come chiunque altro. Al momento ci sono dozzine di ufficiali nell’FSB che sono stati arrestati con l’accusa di corruzione e tradimenti (spesso le accuse includevano attività di spionaggio a favore degli USA). Sebbene le accuse sono talvolta reali, spesso appaiono essere altri i motivi che determinano la scelta di chi viene preso di mira. In molti casi gli accusati sono stati arrestati dal dipartimento di sicurezza interno allo stesso FSB. Come conseguenza di queste pratiche esiste una pervasiva cultura di sfiducia dentro l’FSB: gli ufficiali di basso rango non si fidano dei generali e i generali non si fidano dei loro subordinati. I membri più anziani ricordano ancora che la sommossa del 1991 guidata da Vladimir Kryuchkov, il capo del KGB, fallì perché i soldati semplici scelsero di aspettare piuttosto che partecipare al suo complotto.  

La generazione attuale degli ufficiali dell’FSB, uomini che sono nei loro 30 e 40 anni, non ricordano di altri presidenti diversi da Putin e hanno costruito le loro carriere sotto la guida di un direttore, Aleksandar Bortnikov, che ha guidato l’agenzia dal 2007 in poi. Loro sono figure in aperto contrasto con la generazione precedente, attiva negli anni ‘90, quando i ranghi dell’FSB erano costretti a navigare continuamente tra diversi gruppi politici in lotta per il potere. In questi giorni invece gli ufficiali dell’FSB servono solo il presidente obbedendo ai suoi ordini. La loro funzione principale è semplice, eliminare spietatamente qualunque potenziale sorgente di opposizione e dissenso, senza fare troppe domande. E lo status elevato che hanno raggiunto nella società russa e i privilegi che esso comporta tende a renderli ancora più fedeli al regime.

I limiti della lealtà

Sebbene Putin abbia a lungo contato sul fermo sostegno dei suoi servizi militari e di sicurezza, la guerra in Ucraina dice che ci potrebbero essere dei limiti oltre i quali questo possa non andare avanti. La crescente e visibile tensione tra lui e i membri più importanti dell’élite della sicurezza suggerisce che Putin potrebbe essere più paranoico che mai rispetto alle possibili sfide alla sua autorità. D’altra parte questo disaccordo può anche indicare che almeno alcuni membri della sua cerchia più ristretta sono scontenti per come stanno andando le cose. E poiché il modo scelto da Putin per affrontare i problemi – compresi i cattivi servizi segreti e le brutte performance militari in Ucraina – è quello di incolpare i Siloviki, essi non si sentono particolarmente incoraggiati a dargli un quadro accurato di ciò che sta accadendo. Inoltre non vogliono esporsi.

Mancando di esperienza politica e un solido supporto di base, i Siloviki – sia dei servizi di sicurezza che militari – sarebbero difficilmente capaci di organizzare e guidare un colpo di stato con le loro forze. Né è probabile che siano influenzati se il sentimento popolare in Russia si rivolge drammaticamente contro Putin. Ma i Siloviki sono spietati nel proteggere i loro interessi e c’è un modo, quantomeno, che potrebbero fargli perdere la fiducia: se i problemi economici russi raggiungessero il punto in cui i governatori regionali iniziassero a rompere i ranghi e se l’ordine economico che ha sostenuto la sicurezza dello stato di Putin negli ultimi 20 anni iniziasse a collassare, a quel punto i Siloviki potrebbero giungere alla conclusione che il Cremlino sta perdendo il controllo del paese e che il loro stesso futuro potrebbe essere minacciato. In quel caso loro potrebbero fare un passo di lato e lasciare che le cose accadono, o addirittura dare una mano.

ANDREI SOLDATOV è giornalista investigativo e co-fondatore ed editore di Agentura.ru, watchdog delle attività dei servizi segreti russi. È coautore, con Irina Borogan, di The Compatriots: The Brutal and Chaotic History of Russia’s Exiles, Émigrés, and Agents Abroad.

IRINA BOROGAN è una giornalista investigativa e co-fondatrice e vice direttore di Agentura.ru. È coautrice, con Andrei Soldatov, di The Compatriots: The Brutal and Chaotic History of Russia’s Exiles, Émigrés, and Agents Abroad.

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