La fuga è un elemento chiave delle guerre

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Kharkiv fuga

Il tema dei profughi è una questione importantissima che si intreccia con gli equilibri politici internazionali, al punto che la fuga è un elemento chiave delle guerre.

di Alessandro Luciano

Uno dei caratteri tipici delle guerre contemporanee è la fuga. La capacità tecnica di distruzione sviluppata dagli eserciti odierni e le strategie d’attacco utilizzate creano le condizioni per cui, nel volgere di poche ore, una popolazione di qualche milione di abitanti si ritrovi presa dall’esigenza impellente di fuggire

macchine fuga kiev
Automobili in fuga da Kiev

la rilevanza dei profughi

La guerra, come non si stancava di ripetere Gino Strada, non è solo una questione di chi combatte. Il trattamento riservato ai civili fa parte delle strategie con cui i comandi militari portano avanti le loro azioni per vincere le battaglie e le guerre. Non è un caso che il tema dei corridoi umanitari sia stato al centro dei negoziati tra Russia e Ucraina. 

L’utilizzo dei profughi come strumento bellico inoltre ha effetti a cascata in tutta la rete dei rapporti internazionali: i flussi di chi scappa da una guerra – ma non solo – incontrano strutture organizzate che li indirizzano e accompagnano in itinerari prestabiliti. Le strutture possono essere di vario genere, più o meno legali, e le condizioni che costituiscono l’esperienza di questi itinerari può essere terrificante. Ma ciò che è diventato importante nello scacchiere geopolitico è, crudamente, il flusso in sé, o meglio la gestione del flusso. 

Questo perché alla destinazione di questi flussi i profughi possono trovarsi alle prese con governi e popolazioni che – delle due l’una – o li gradiscono o non li gradiscono. In entrambi questi casi la volubilità dei governi, delle loro opposizioni politiche e dei cittadini crea l’interesse, spietato ma profittevole, di manipolare il flusso migratorio a seconda della convenienza. 

Spesso gli imprenditori di questo orribile settore economico sono organizzazioni criminali strutturate, capi tribù, oligarchi di varie fogge; altrettanto spesso sono i capi degli stati interessati dai flussi. Un esempio recente è rappresentato dall’accordo UE-Turchia del 2016, grazie al quale il presidente turco Erdogan si è garantito liquidità economica, forza negoziale e preminenza strategica sull’Unione.

erdogan juncker
Il presidente della Turchia Recep Erdogan con l’ex presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker

Il tema dei profughi è, in sintesi, una questione importantissima che oltre a riguardare le vite di decine di milioni di persone si intreccia con le logiche dei processi politici internazionali sottostanti gli avvenimenti di cui siamo testimoni quotidianamente. 

La situazione ucraina

Dato questo quadro, la situazione dell’Ucraina diventa ancora più pericolosa. La tensione tra gli stati coinvolti dalla guerra continua a crescere e la soluzione del conflitto sembra sempre più lontana. Al destino del conflitto è vincolato anche il destino dei quasi 15 milioni di sfollati causati finora dalla guerra. Se questa situazione, come sembra, si prolungasse, ci si chiede quali contraccolpi potrebbero subire le stabilità della NATO e dell’UE. 

In Ucraina, come abbiamo detto, l’UNHCR stima quasi 15 milioni di sfollati dal 24 febbraio a oggi. L’agenzia umanitaria ONU fa sapere che circa 8 milioni di questi sono sfollati interni, ovvero persone che sì hanno trovato modo di fuggire dalle zone pericolose ma non hanno passato i confini. I restanti, più di 6 milioni di persone, sono invece espatriati.

La distribuzione dei profughi ucraini, come prevedibile, varia molto e non è equamente distribuita tra gli stati. La maggior parte dei profughi si è diretta verso occidente, il più lontano possibile dagli invasori russi. Non sono pochi, comunque, coloro che si sono ritrovati alle prese con l’accoglienza russa: con 958 060 arrivi accertati, la Russia è il terzo stato per profughi ospitati. Sulle loro condizioni si sa ben poco. 

MAPPA PROFUGHI
Mappa UNHCR

Verso Occidente, invece, poco più della metà di coloro che hanno lasciato l’Ucraina sono entrati in Polonia e dei restanti 3 milioni quasi tutti sono stati registrati tra Romania, Ungheria, Moldavia e Slovacchia. 

la mossa europea

Questi dati sono riferiti alla registrazione, da parte delle strutture statali preposte, dei profughi al momento in cui hanno passato il confine. Però queste cifre non rispecchiano il reale carico di esseri umani – per la grandissima parte donne e bambini – che si sono fermati all’interno dei paesi menzionati, o che si appoggiano alle strutture emergenziali organizzate dagli stati. Per quanto riguarda i paesi UE, infatti, è in vigore dal 4 marzo una direttiva che prevede una protezione temporanea della durata di un anno (rinnovabile per un altro anno) in tutto il territorio dell’Unione. In altre parole è concesso a coloro che risiedevano in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 un permesso di soggiorno valido in tutti gli stati membri. 

Questo significa che le circa 7 milioni di persone che si sono dirette verso occidente sono libere di trovare la destinazione che preferiscono e che il carico accertato dall’UNHCR non è il carico realmente sostenuto dai paesi d’ingresso. Bene, dunque, dato che è impensabile che un paese come la Slovacchia, che conta 5 milioni di abitanti, possa occuparsi dei quasi 500 000 profughi che si sono riversati dal confine ucraino. 

commissione europea
Palazzo Berlaymont, Bruxelles, sede della Commissione Europea

La soluzione garantita dall’Unione Europea dunque tende a riequilibrare la situazione. Infatti in questo modo i profughi hanno uno strumento di garanzia ed emancipazione per trovare la libertà di scegliere i propri percorsi e contemporaneamente gli stati confinanti con l’Ucraina possono alleggerire la pressione. Ancora più in generale, la protezione temporanea estesa a tutto il territorio UE assottiglia il margine di manovra di coloro che speculano sulla vulnerabilità di milioni di persone. 

Tutto bene ed equilibrato dunque? Ovviamente non è così semplice, i profughi percorrono itinerari che sono legati a doppio filo alle storie culturali delle nazioni europee e ai legami di queste con l’Ucraina e le comunità ucraine. Non tutti, insomma, contribuiscono alla stessa maniera all’accoglienza, dato che non tutti i paesi UE hanno la stessa attrattività. Ogni stato, insomma, ha dovuto progettare dispositivi ad hoc in relazione all’afflusso previsto e al tessuto sociale interno. Italia compresa, dunque, in cui l’organizzazione per recuperare e ospitare i rifugiati ucraini si poggia sul reticolare e diffuso sistema del terzo settore.

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