La guerra in Ucraina e la Mongolia

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Bandiera della Mongolia

L’invasione russa dell’Ucraina e le sanzioni preoccupano la Mongolia, stretta tra Cina, Russia e proteste di piazza che legano la solidarietà a Kyiv con istanze di sovranità e vicinanza alle tre repubbliche “mongole” della Russia.

Il peso della Storia

Sotto Gengis Khan e i suoi eredi, i mongoli hanno creato il più grande impero di tutti i tempi, suddiviso in quattro entità statali dopo la morte del fondatore: il khanato dell’Orda D’Oro, nell’area della Sarmazia, il Khanato Chagatai, nell’area del Turkestan, l’Ilkhanato, nel Medio Oriente, e l’Impero del Gran Khan in Cina. Il territorio dell’attuale Mongolia veniva amministrato dal Gran Khan di Pechino. Dopo il crollo della dinastia Yuan del 1368, sostituita dai nuovi imperatori Ming, gli ex-imperatori si rifugiarono in Mongolia. La nuova entità statale continuerà a mantenere una certa autonomia dalla Cina fino al 1635, anno della sottomissione agli imperatori Qing.

MongolEmpire
I domini dei mongoli intorno al 1279.

La dominazione continua in varie forme fino al 1911, quando la Mongolia approfitta della Rivoluzione Cinese per dichiarare l’indipendenza e avvicinarsi alla Russia Imperiale. Al tempo, il Paese è retto dal Bogd Gegeen Khan, la più alta carica religiosa buddhista del Paese. Pochi anni dopo la Rivoluzione russa priva la Mongolia del supporto zarista, e il Paese viene occupato nel 1919 dalle truppe cinesi. L’arrivo e le devastazioni dell’Armata Bianca, sobillata dai giapponesi, porta al potere il barone Von Ungern-Sternberg che riporta solo formalmente al potere il Khan. Nel 1921, con l’aiuto dei sovietici, i ribelli del Partito Popolare Mongolo abbattono il regime di Ungern-Sternberg e prendono il potere su tutto il Paese. Dal 1924 la Mongolia diviene a tutti gli effetti uno Stato Comunista.

Roman von Ungern-Sternberg. Comandante dell’Armata Bianca, soprannominato “Il Barone Pazzo”, fu dittatore della Mongolia e cercò di instaurare una teocrazia lamaista in Asia. Catturato dai bolscevichi, venne fucilato il 15 settembre 1921

A cavallo della Seconda Guerra Mondiale, la Mongolia finisce nelle mire dell’Impero Giapponese. Nel 1939-1940 riesce a difendersi dagli attacchi nipponici, Manciukuò e degli esuli mongoli nella battaglia di Khalkhin Goll, combattuta insieme all’esercito sovietico. Il regime comunista guida la Mongolia fino alla Rivoluzione Democratica del 1990, che mette fine al sistema del monopartitismo e da forma alla Costituzione e all’attuale ordinamento statale. Secondo EIU, la Mongolia è l’unica “Democrazia completa” di quel pezzo di Asia, con un democracy index di 84/100 al 2021.

1939: soldati mongoli combattono contro i giapponesi nella Battaglia di Khalkhin Gol

La Politica estera della Mongolia: povertà e la terza via tra due vicini ingombranti

Durante la Guerra Fredda la Mongolia era pienamente inserita nel sistema di alleanze e relazioni del blocco moscovita, allineandosi all’Unione Sovietica anche dopo la crisi che separò il regime di Mosca da Pechino.

Tuttavia, di fronte alla crisi dell’URSS, il governo di Ulaanbaatar ridefinì la propria politica estera all’insegna della neutralità e di rapporti di amicizia con la neonata Federazione Russa e la Repubblica Popolare Cinese. La neutralità è sancita anche dall’adesione al Movimento dei Paesi non allineati.

In tempi più recenti, il Paese si è avvicinato ad alcuni Paesi Occidentali, interagendo in particolare con gli Stati ex Patto di Varsavia, tra cui l’Ucraina, la Polonia, la Repubblica Ceca e l’Ungheria. Nel tentativo di rafforzare la propria autonomia rispetto ai due confinanti, la Mongolia ha avviato relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti dal 1987, perseguendo la strategia del “terzo vicino”. Nel 2019 i due Paesi hanno firmato un accordo di partnership strategica.

Caschi Blu mongoli assegnati alla protezione della corte speciale per la Sierra Leone (2008)

Le forze armate mongole hanno partecipato a missioni in Iraq dal 2003 al 2008 e in Afghanistan fino al ritiro degli Stati Uniti del 2021. Al 29 maggio 2021, la Mongolia era il ventitreesimo paese ONU per quanto riguarda il personale messo a disposizione per le missioni di peacekeeping.

Le relazioni con l’Ucraina sono partite nel 1992, con la firma di un Trattato di Amicizia e Cooperazione. Da allora hanno seguito rapporti più o meno costanti, all’insegna della cooperazione e della non ingerenza negli affari interni.

Curiosamente, il presidente ucraino Zelensky ha trascorso parte della sua infanzia nella città mongola di Erdernet, dove il padre era coinvolto nella costruzione del complesso minerario e metallurgico dell’area.

Miniera di rame a Erdenet

La Mongolia nella crisi ucraina

Sostanzialmente, L’invasione russa dell’Ucraina ha avuto notevoli ripercussioni anche in Mongolia, soprattutto per quanto concerne l’economia del Paese, poco diversificata e strettamente dipendente da Mosca, e la sua delicata situazione diplomatica. Durante l’incontro del 26 aprile “Sfide per l’economia mongola causate dal conflitto Russia-Ucraina” organizzato dalla Mongolian Banking Association, il direttore esecutivo G. Bumchimeg ha sintetizzato le preoccupazioni per l’economia del Paese. In primis ,l’import della Mongolia proviene per il 28% dalla Federazione Russa. Inoltre, sul Paese grava un aumento dell’inflazione causato dalle difficoltà logistiche del settore trasporti e dall’aumento dei prezzi dei carburanti a seguito del conflitto.

La Mongolia, la cui economia dipende strettamente dall’estrazione di carbone e altri minerali, importa il 90% del suo petrolio e grandi quantità di grano dalla Russia. Inoltre, come riporta alla Reuters l’analista politico Sumati Luvsandendev, le banche mongole dipendono nei trasferimenti dalle banche russe, rendendo l’import-export del Paese vulnerabile al blocco dello SWIFT.

Tra fragilità economica e proteste di piazza

La difficoltà per la Mongolia è duplice. Innanzitutto, subisce l’impatto indiretto della guerra e delle sanzioni a causa della dipendenza economica dalla Russia. In secondo luogo, deve far fronte a proteste e manifestazioni contro la crisi e a supporto della causa ucraina. Una di queste è avvenuta il 26 marzo scorso di fronte all’ambasciata Russa di Ulaanbaatar, che poco tempo prima aveva accusato il Partito Democratico Mongolo (centro-destra) di “supportare l’egemonia americana”.

In modo analogo altre proteste si sono tenute il 7 e 8 aprile nella piazza di Sukhbaatar, portate avanti da giovani senza un’affiliazione politica ben definita e che si rivolgevano contro la gestione governativa delle crisi economiche scaturita dal Covid e dalla guerra in Ucraina.

Durante le manifestazioni di marzo sono anche apparse le bandiere delle tre Repubbliche di Buryatia, Kalmykia, e Tuva, parte della Federazione Russa ma da alcuni identificate come parti della “Grande Mongolia” insieme alla regione cinese della Mongolia Interna. Da queste tre repubbliche, le più povere della Federazione, verrebbe reclutato un numero “sproporzionato” di soldati destinati al fronte ucraino, causando proteste tra i residenti.

Una neutralità alla prova

In sintesi, il governo di Ulaanbaatar ha proseguito sulla strada della neutralità, marcata con l’astensione nei due voti dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla crisi ucraina. Una politica sistematica e coerente, che negli anni ha visto il Paese evitare di esprimersi sull’annessione della Crimea (astensione all’Assemblea Generale dell’ONU), sull’invio di truppe russe a sedare le rivolte in Kazakistan e sul ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan – nonostante fossero addirittura presenti i propri soldati.

UNUkraineResolution
La Mongolia si è astenuta in entrambe le risoluzioni dell’Assemblea Generale ONU sulla Guerra in Ucraina

Il futuro potrebbe però costringere la Mongolia a cambiamenti importanti e prese di posizione. Kh. Delgertsetseg, CEO di AC Double Trans LLC, segnala che le sanzioni alla Bielorussia – principale polo di transito delle merci tra Europa e Russia – potrebbero aprire delle finestre a un nuovo di polo logistico della Mongolia. Tuttavia, il Paese non ha ancora aderito a diverse convenzioni internazionali sul trasporto merci.

Dal punto di vista russo, la sospensione del gasdotto Nord Stream 2 potrebbe riaccendere l’interesse di Mosca per la “sedicesima repubblica” come crocevia di nuovi scambi verso l’Asia Centrale.

Un futuro incerto

Questo quadro non può non tenere conto dei rapporti tra Mongolia e Cina. La Mongolia cerca di guadagnare l’accesso al mare delle proprie merci, mentre la Cina guarda a Ulaanbaatar per il potenziamento della propria sicurezza energetica con il carbone mongolo e l’accesso alle riserve russe. Il rapporto tra i due Paesi si esplica in progetti infrastrutturali come quello della ferrovia al valico di frontiera Gashuunsukhait-Gantsmod.

Sono tempi difficili, soprattutto per chi si trova a confinare con vicini come Russia e Cina. La strategia di Ulaanbaatar dovrà adattarsi ai cambiamenti, ritagliandosi uno spazio di manovra tra le crescenti frizioni dei “tre vicini”.

Riferimenti

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