Una nuova era di competizione geopolitica in Africa

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Con l’invasione russa in Ucraina un nuovo equilibrio internazionale ha iniziato a manifestarsi inaugurando una nuova era di competizione geopolitica in Africa.
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Dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina un nuovo equilibrio internazionale ha iniziato a manifestarsi. In tutto il mondo le grandi potenze muovono le loro pedine per perseguire i propri interessi ed è iniziata una nuova era di competizione geopolitica in Africa.

SBMIntel, 26 maggio 2022 (tradotto da Alessandro Luciano)

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Il senatore democratico Gregory Weldon Meeks, firmatario del disegno di legge contro le attività russe in Africa. (Andrew Harrer / Bloomberg via Getty Images file)

Il 28 aprile 2022, nella Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, è stato approvato un disegno di legge che obbligherebbe il governo degli Stati Uniti a contrastare l’influenza russa in Africa punendo i governi africani che sono “complici nel favorire le attività di Mosca”.

Il disegno di legge proposto dal presidente della Commissione per gli Affari Esteri Gregory Weldon Meeks, senatore democratico eletto nello stato di New York, è chiamato “Legge sul contrasto alle attività russe maligne in Africa”. Con questo dispositivo legislativo si intende contrastare la Russia in Africa monitorando le sue operazioni militari, gli investimenti, gli oligarchi e i sospetti flussi finanziari illeciti.

La proposta di legge, che è stata votata a stragrande maggioranza con 415 voti – la Camera dei Rappresentanti ha 435 membri – richiede al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti di inviare al Congresso, ogni anno, una relazione sulle misure statunitensi per contrastare le operazioni russe in Africa. 

Ciò consentirebbe al Congresso di “valutare regolarmente l’entità e la portata dell’influenza delle attività della Federazione Russa in Africa che minano gli obiettivi e gli interessi degli Stati Uniti. Di determinare come affrontare e contrastare efficacemente tale influenza e attività, anche attraverso gli appropriati programmi di assistenza estera degli Stati Uniti. Di ritenere responsabili la Federazione Russa e i governi africani e i loro funzionari che sono complici nel favorire tale influenza e attività maligne“.

Il disegno di legge fa parte di una più ampia strategia guidata dagli Stati Uniti per rispondere all’invasione in corso della Russia in Ucraina ed è una reazione al rifiuto dei governi africani di sostenere apertamente le sanzioni contro Mosca. Durante la votazione del 3 marzo all’Assemblea generale delle Nazioni Unite su una risoluzione di condanna dell’invasione, 27 Paesi africani hanno appoggiato la risoluzione, 17 si sono astenuti e nove erano del tutto assenti. Solo l’Eritrea ha votato contro la risoluzione.

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La mappa elaborata da Cyclorama sulla votazione alla risoluzione ONU di condanna all’invasione russa in Ucraina.

Il senatore Meeks ha detto che il disegno di legge intende proteggere i “fragili stati ” africani e “tutte le persone innocenti che sono state vittime delle azioni dei mercenari di Putin, accusati credibilmente di gravi violazioni dei diritti umani in Africa, specialmente nella Repubblica Centrafricana e in Mali”. Nonostante ciò in molte capitali africane la legge è vista come l’espressione del malcontento di Washington per il voto non allineato di molti Paesi africani all’Assemblea Generale.

Gli Stati Uniti, ovviamente insoddisfatti della posizione scelta da circa un terzo degli stati africani, hanno deciso di agire direttamente dopo la votazione. Il 3 marzo, il Segretario di Stato Antony Blinken ha chiamato Macky Sall, presidente dell’Unione Africana, nel tentativo di far valere le richieste degli Stati Uniti in quello che molti analisti hanno considerato un atteggiamento paternalistico al limite della mancanza di rispetto per la sovranità degli stati africani. Questi eventi sollecitano a chiedersi perché i paesi africani abbiano preferito non assumere una posizione rigida contro la Russia rispetto all’invasione in Ucraina.

L’intreccio economico-militare tra Russia e Africa

Nel 2020, la Russia ha esportato beni per 12,4 miliardi di dollari in Africa e ha acquistato per soli 1,6 miliardi di dollari dal continente. Dalla Russia, l’Africa acquista soprattutto cereali (30% delle importazioni complessive), in particolare grano, che da solo rappresenta circa il 95% dei cereali importati. Più della metà delle forniture di grano dalla Russia sono assorbite dai Paesi più popolosi del continente: Egitto, Sudan, Nigeria, Tanzania, Algeria, Kenya e Sudafrica. Oltre ai cereali, l’Africa acquista dalla Russia anche combustibili minerali come carbone, prodotti petroliferi e gas. Questi rappresentano il 18,3% delle importazioni totali. 

Da parte sua, l’Africa vende al suo partner soprattutto frutta e verdura commestibile, prodotti acquatici, prodotti chimici organici e metalli preziosi. Tuttavia, questo volume di scambi dà alla Russia solo una quota di mercato del 2,4% nel totale delle esportazioni africane. Per fare un confronto, l’Unione Europea copre il 33% delle esportazioni, e la Cina il 19%. Evidentemente, non è il commercio ad aver convinto i paesi africani a non prendere una posizione risoluta in questo conflitto. 

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Il grano rappresenta il 95% delle esportazioni di cereali dalla Russia all’Africa.

Dopo un declino della sua influenza nel continente a seguito della fine della Guerra Fredda e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Russia ha costantemente ricostruito con il soft power la sua influenza in Africa. La strategia ha compreso l’utilizzo della diplomazia, gli investimenti economici e gli accordi militari a scopo difensivo. Di questi strumenti, la difesa sembra l’area in cui la Russia è più influente.

La Russia è in questo momento il più grande esportatore di armi nell’Africa Sub-Sahariana. Il suo export è cresciuto del 23% comparando il periodo 2016-2020 con quello 2011-2015. La vendita di queste armi è diventata uno strumento per Mosca per influenzare la politica africana, tramite le alleanze con i leader militari. I russi possiedono il controllo del mercato africano delle armi, con una quota di mercato che corrisponde al 37,6% tra il 2015 e il 2019. 

Questa percentuale è più del doppio di quella  controllata dagli Stati Uniti (16%), dalla Francia (14%) e più del triplo di quella cinese (9%). L’Algeria è il più grande acquirente del continente di armi russe, seguita da Egitto, Sudan e Angola. Secondo il database dell’Istituto Internazionale di Ricerca sulla Pace di Stoccolma (SIPRI), da Mosca partirebbe il 49% delle esportazioni totali di armi verso l’Africa.

L’inquietante presenza del Gruppo Wagner

Dal 2015 Mosca ha anche siglato accordi di cooperazione militare con 27 stati, metà del continente. Un altro settore militare dove la Russia ha una forte influenza nei paesi africani è quello delle milizie private, come il Wagner Group. Questo è un colosso della difesa che gode di un notevole sostegno statale, gestito da uno stretto alleato del presidente russo Vladimir Putin, Yevgeny Prigozhin. Il Wagner Group è particolarmente attivo in nazioni instabili come la Libia, il Mali e la Repubblica Centrafricana, dove fornisce addestramento militare e protezione ai leader in cambio di denaro o concessioni minerarie.

Una elaborazione di SMBIntel mostra i 27 paesi africani che hanno stipulato accordi militari con la Russia, accordi che contribuiscono alla competizione geopolitica in Africa.
Una elaborazione di SMBIntel mostra i 27 paesi africani che hanno stipulato accordi militari con la Russia.

In Libia il Wagner Group ha fornito supporto al generale dell’Esercito di Liberazione Khalifa Haftar, che cerca di rovesciare il Governo di Accordo Nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite. Il Wagner Group ha stabilito basi e dispiegato truppe che aiutano Khaftar e promuovono gli interessi russi in Nord Africa. Mosca è stata accusata dagli Stati Uniti di fornire supporto diretto al Gruppo Wagner, compresi jet da combattimento. 

Il Gruppo Wagner è attivo anche nella Repubblica Centrafricana e in Mali, rispettivamente dal 2018 e dal dicembre 2021. In entrambi i Paesi, l’arrivo dei mercenari del Gruppo Wagner ha coinciso con il ritiro delle forze armate francesi, soprattutto dopo i contrasti di Parigi con i governi dei due Paesi.

La presenza del Gruppo Wagner ha tenuto in piedi il debole governo del presidente Faustin-Archange Touadéra a Bangui e il regime del colonnello Assimi Goita a Bamako, salito al potere con un colpo di Stato nel maggio 2021. La loro presenza continua a essere negata dai governi di Russia, Mali e Repubblica Centrafricana. Oltre al Gruppo Wagner, un’altra società di sicurezza russa meno nota, la Sewa Security Services, opera nella Repubblica Centrafricana ed è responsabile della protezione personale del Presidente Faustin-Archange Touadéra.

Ufficialmente, dal 2018 Mosca ha ampliato le sue attività diplomatiche e finanziarie nell’ex colonia francese in cambio di importanti concessioni nel settore minerario del Paese, in particolare oro e diamanti, impegnandosi anche a investire fino a 11 miliardi di dollari nella ricostruzione del Paese. La Repubblica Centrafricana dispone di risorse minerarie quali rame, diamanti, oro, grafite, ilmenite, minerale di ferro, caolino, cianite, lignite, calcare, manganese, monazite, quarzo, rutilo, sale, stagno e uranio.

Ufficiosamente, la presenza di contractor militari privati e di consiglieri presidenziali russi ha conferito a Mosca un’immensa influenza nella Repubblica Centrafricana. Vi sono accuse di ingerenza nella politica del Paese, tra cui quella di aver orchestrato la rimozione del presidente dell’Assemblea nazionale per aver protestato contro la mancanza di trasparenza nei contratti minerari, a vantaggio della Russia. Molte delle attività minerarie in corso non sono inoltre condotte legalmente e si sospetta che siano un canale per il riciclaggio di denaro sporco per aggirare le sanzioni contro la Russia.

In precedenza il Wagner Group ha fornito supporto al regime di Omar al-Bashir in Sudan. 500 uomini sono stati mobilitati per reprimere le rivolte contro il governo del 2017. Come ricompensa il leader Prigozhin ha ricevuto i diritti esclusivi per l’estrazione dell’oro in Sudan, attraverso la sua società M-Invest. Mosca ha sfruttato l’influenza del Gruppo Wagner per ottenere un accordo per la costruzione di una base navale sul Mar Rosso nel 2019, un sito di importanza strategica per Putin. 

I crimini delle milizie russe

Le attività del Gruppo Wagner sono state accompagnate da accuse di violazione dei diritti umani: i mercenari russi sono stati accusati di aver giustiziato, torturato e picchiato sommariamente i civili nella Repubblica Centrafricana. L’organizzazione internazionale Human Rights Watch (HRW) ha recentemente dichiarato di essere stata informata da testimoni che in un incidente dello scorso luglio, combattenti russofoni hanno ucciso almeno 12 uomini disarmati a un posto di blocco.

Accuse simili sono state mosse anche dal gruppo di lavoro sull’uso dei mercenari del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha descritto “gravi violazioni dei diritti umani, tra cui esecuzioni sommarie di massa, detenzioni arbitrarie, torture, sparizioni forzate, sfollamento forzato di civili, attacco indiscriminato a strutture civili e attacchi agli operatori umanitari“.

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Evgenij Prigozhin, leader del Gruppo Wagner e fedelissimo di Vladimir Putin. (Bloomberg)

In Mali, documenti interni dell’esercito visionati dal Guardian rivelano la presenza di membri di Wagner – definiti “istruttori russi” – in “missioni miste” con soldati e gendarmi maliani durante operazioni in cui sono stati uccisi molti civili. Secondo i dati resi noti dall’Armed Conflict Location and Event Data Project (ACLED), ben 456 civili sono morti in nove incidenti che hanno coinvolto le forze maliane e Wagner tra gennaio e metà aprile di quest’anno.

Si prevede che tali attività del governo russo nei Paesi africani entreranno nel mirino della legge proposta al Congresso americano. Tuttavia, non è chiaro se la legge si applicherà a tutti gli investimenti russi nei Paesi africani.

Una nuova era di competizione geopolitica in Africa

La Strategia di Difesa degli Stati Uniti pubblicata nel 2018 ha enfatizzato l’abbandono delle consuete operazioni antiterrorismo in Africa. Al suo posto, la strategia mirava a “sostenere le relazioni per affrontare le significative minacce terroristiche in Africa”. Questo sviluppo è arrivato insieme a un discorso dell’allora consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton alla Heritage Foundation nel dicembre 2018, secondo cui gli Stati Uniti rifocalizzeranno le loro priorità in Africa alla luce della crescente competizione geopolitica con Cina e Russia per contrastare le loro influenze. 

Per perseguire questo obiettivo, gli Stati Uniti hanno più o meno ceduto le loro iniziative di controinsurrezione in Africa alla Francia e hanno adottato un ruolo reazionario. L’effetto di questo backchanneling è stato quello di approvare o sorvolare sui passi falsi della Francia nel continente e contemporaneamente cercare di  mantenere la posizione politica ed economica di quest’ultima sulle sue ex colonie. La marea montante del sentimento antifrancese nei Paesi saheliani come Ciad, Mali, Niger e Senegal però non si è limitata alla sola Francia, ma si è estesa in un ampio sentimento anti-occidentale, di cui Francia e Stati Uniti sono incarnazione.

La proposta di legge è un’indicazione del fatto che gli Stati Uniti non si preoccupano come dovrebbero dei loro problemi di immagine nel continente africano come dovrebbero. Questo è un grande rischio strategico, soprattutto perché in futuro si accentuerà la competizione geopolitica e la rivalità strategica tra Oriente e Occidente, favorendo gli uomini forti dell’Africa. Questi uomini forti sapranno che, in futuro, basterà una minima esibizione di sostegno alle iniziative americane per essere visti di buon occhio da Washington.

putin leader africani
Vladimir Putin incontra i leader africani durante il vertice Russia-Africa di Sochi dell’ottobre 2019. (kremlin.ru.)

L’effetto a lungo termine rischia di essere il soffocamento della democrazia e dei diritti umani nel continente e la nascita di una generazione che diffiderà ancora di più delle motivazioni americane, con la conseguenza involontaria di spingere i futuri leader africani sempre più nell’orbita dei rivali geopolitici degli Stati Uniti.

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