Velo-non velo

"La libertà è nell'hijab". La Commissione prende le distanze dal video del Consiglio d'Europa

Francesco Stati

Dopo le polemiche in Francia è stata cancellata l'iniziativa contro l'hate speech, cofinanziata dalla Commissione europea. Un portavoce: "Bruxelles non promuove alcun tipo di abbigliamento religioso"

Una campagna contro i discorsi d’odio ha creato un incidente diplomatico. Il Consiglio d’Europa ha dovuto cancellare un tweet pubblicato nell’ambito di una sua iniziativa contro l’hate speech, in rete e offline, in seguito alle forti proteste della Francia. A provocare le critiche una pubblicità con l’immagine di una donna con il volto diviso a metà, una con l’hijab (il velo islamico), una senza, e lo slogan: “La bellezza è nella diversità così come la libertà sta nell’hijab”.

  

  

Un messaggio inaccettabile per le autorità d’Oltralpe. Il velo islamico è un tema fortemente divisivo per l’opinione pubblica francese: se da una parte viene giustificato come una libera scelta, dall’altra viene visto come uno strumento di sottomissione della donna, oltre che una violazione della laicità dello stato (verso la quale l’attenzione delle autorità francesi è storicamente fortissima).

         

La polemica ha investito anche la Commissione europea, che era cofinanziatrice della campagna del Consiglio d’Europa. Va precisato che si tratta di due entità pienamente distinte: il Consiglio d’Europa, infatti, nasce nel 1949 (l’Unione Europea, di cui la Commissione è organo, nel 1957) ed è l’organizzazione internazionale da cui promana la Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu). La membership del Consiglio d'Europa è inoltre molto più ampia di quella dell’Ue e comprende diversi stati a forte presenza islamica, tra cui la Turchia, la Serbia, il Montenegro, la Bosnia-Erzegovina e l’Azerbaijan.

     

“Il progetto mira a lottare contro i discorsi di odio online e offline contro per esempio le comunità ebraiche e musulmane, associando i giovani e le organizzazioni della società civile”, ha detto un portavoce della Commissione europea a David Carretta, che lo cita nella sua newsletter sul Foglio, "Europa Ore 7", ma “la Commissione non partecipa all'individuazione dei progetti individuali”. Inoltre, ha proseguito,“la Commissione non ha convalidato gli elementi visivi” del video. L’ammontare del finanziamento della Commissione al Consiglio d’Europa è di 340 mila euro per la campagna nel suo insieme. “La Commissione non promuove alcun tipo di abbigliamento religioso”, ha concluso il portavoce. Sul tema è intervenuto anche l'ex commissario Ue Michel Barnier: "Mi piacerebbe che le persone che hanno fatto questa brutta campagna andassero a intervistare le donne di Kabul che stanno lottando proprio per non indossare questo velo. Il velo non è uno strumento di libertà per le donne, è il contrario".

    

Ma in Francia monta la polemica. L’ultraconservatrice Marine Le Pen, leader di Rassemblement national, ha tuittato: “È quando tolgono il velo che le donne diventano libere, non il contrario”, mentre il senatore socialista Laurence Rossignol ha dichiarato: “La libertà di indossare l’hijab è un conto, dire che la libertà è nell’hijab è un altro. Il ruolo del Consiglio d’Europa è promuovere il velo?”. Sarah el Haïri, ministro della gioventù francese, si è detta scioccata dall’iniziativa, e in un’intervista a France TV ha dichiarato che il messaggio è in contrasto con i valori laici del suo paese.

   

Dal Consiglio d’Europa arrivano le scuse: “I tweet sono stati cancellati. Rifletteremo attentamente su come presentare meglio questo progetto”, riporta un portavoce a Politico. Inoltre, si legge in un comunicato, la campagna “riflette pensieri individuali delle persone coinvolte e non rappresenta in alcun modo l’opinione del segretario generale del Consiglio d’Europa (Marija Pejčinović Burić, ndr)”.