Foto Ap, via LaPresse

non un salva-calcio

Il governo di Sunak prova a imporre per legge la sostenibilità della Premier

Francesco Stati

L'esecutivo ha presentato un white paper, uno strumento giuridico non vincolante che serve a testare l’opinione dei cittadini e degli stakeholder su un tema, per introdurre un'autorithy indipendente per salvaguardare il pallone inglese. Una scelta che significa soprattutto una cosa: il calcio è un settore importante dell'economia

Dopo il caso che ha coinvolto il Manchester City e i fallimenti di alcuni storici club inglesi, il governo inglese vuole cercare di proteggere il football. Lo strumento? Un’authority indipendente che, secondo le intenzioni del primo ministro Rishi Sunak, avrà ampi poteri di carattere economico-finanziario. Non solo: l’organo è pensato per impedire per via legale l’eventuale fuga dei grandi club britannici verso campionati non basati sul merito, il che metterebbe la parola fine sulle loro velleità di Superlega. “Riporteremo i tifosi al centro del calcio”, ha commentato il leader dei Conservatori. “Dobbiamo salvaguardare lo sport per le generazioni future”.

 

L’attenzione del governo britannico, però, non riguarda solo i valori dello sport. L’obiettivo (neanche troppo nascosto) è tutelare una delle industrie più redditizie del paese. Il sistema-calcio legato alla Football Association è in costante crescita dal 1992, anno in cui la First Division si trasformò in Premier League per il volere dei club: dai 229,5 milioni della prima stagione si arrivò ai 661 del 1998, fino ai quasi sette miliardi di oggi (dati Deloitte). L’incremento ha assunto un andamento esponenziale negli anni Dieci del Duemila: se nel 2008 il calcio inglese valeva poco più di due miliardi, già nel 2018 la cifra era vicina ai cinque miliardi e mezzo. La Germania, seconda in questa classifica, si ferma alla metà, poco meno di tre miliardi e mezzo; l’Italia è quarta con 2,8 miliardi di indotto. Oggi, in media, un club di prima divisione inglese incassa circa 340 milioni, una cifra di molto superiore all’indotto medio dei club delle altre quattro maggiori competizioni europee. Scendendo più in basso, nelle leghe dalla Championship in giù, gli incassi sono comunque significativi: la Serie B inglese vale poco meno di 850 milioni di sterline, la C circa 150, la D poco più di 100. Per fare un paragone, secondo le stime della Figc, la Serie B italiana genera 283 milioni, la Serie C poco più di 100, la Serie D meno di 70. Va precisato, tuttavia, che le ultime rilevazioni disponibili sono aggiornate al 2016, quindi è plausibile che il divario, pur significativo, sia diminuito.

 

Sono molti i poteri che il governo vorrebbe attribuire alla nascente authority. Il regolatore dovrà vigilare tutti i movimenti finanziari dei club inglesi, in modo da scongiurare il ripetersi di casi come quelli che hanno portato club storici come il Bury (2019) e il Macclesfield Town (2020) al fallimento, solo per citare i più recenti. Verrà introdotta anche una analisi preventiva del profilo di potenziali acquirenti dei club. Una decisione, questa, che potrebbe interessare molto ai tifosi del Manchester United, messo in vendita dai Glazer a inizio 2023. Lo Owners and Directors Test servirà ad appurare la bontà del piano di investimenti di chi vorrà rilevare una squadra inglese: la norma prevede non solo un controllo sullo stato presente, ma anche sulla sostenibilità futura del progetto. Sotto la lente dell’authority finirebbe anche il profilo dell’investitore, al fine di valutare se, per esempio, ha legami controversi (cfr. il caso che ha interessato il Chelsea, con il patron Roman Abramovic che ha dovuto cedere il club a causa dei suoi affari con la Russia e le conseguenze delle sanzioni europee). Inoltre, la norma punta a tutelare il sistema calcio britannico nel suo complesso, in quanto prevede di ripartire gli incassi della Premier League a cascata verso le serie inferiori. Obiettivo: migliorarne la sostenibilità ed evitare shock per quei club che, a fine stagione, retrocedono in campionati meno remunerativi. Sul tema, nel recente passato, il consiglio della Premier League aveva sollevato dubbi. Pur “riconoscendo la necessità di un cambiamento nella governance del calcio”, il massimo campionato inglese aveva avvertito: “Se la posizione dominante della Premier dovesse essere intaccata, si prenderanno provvedimenti” (Fonte: Financial Times).

   

Sebbene dal governo inglese filtri la volontà di lasciare che la Football Association giunga a una soluzione di compromesso tra le varie leghe in autonomia, alla nascente authority sarebbero conferiti poteri straordinari per forzare la mano su questo tema, ove necessario. Un’intenzione, questa, cui ha applaudito la English Football League, che riunisce tutte le divisioni sottostanti la Premier. “La Lega – si legge nel comunicato sul tema – è favorevole alle proposte relative a una maggiore regolamentazione e attende di consultarsi con il governo su questioni quali le licenze per i club, il test sui proprietari e i direttori e la protezione del patrimonio nel periodo a venire”.

 

Al momento, però, si tratta solo di buone intenzioni. La riforma, infatti, è stata presentata come white paper, uno strumento giuridico non vincolante che serve a testare l’opinione dei cittadini e degli stakeholder su un tema. Nel caso di specie, se il governo inglese valuterà positivamente la risposta al progetto, partirebbe l’iter legislativo per metterlo in atto. Intanto, però, la volontà è chiara: Downing Street non solo vuole proteggere un settore chiave del paese, ma vuole assicurarsi che questo continui a crescere e ad attrarre investimenti per molti anni. Un po’ come ha provato a fare, con alterne fortune, la Uefa con il suo Fair Play finanziario.

  

Nel frattempo, in Italia, si va avanti con la dottrina del qui e ora e viene approvato il decreto salva-calcio. Lo stato, su spinta del senatore Claudio Lotito, presidente della Lazio con un passato apicale in Figc, ha deciso che le squadre potranno dilazionare in cinque anni i versamenti sospesi durante la pandemia. Il tutto mentre nelle serie inferiori, ma non solo, da anni si moltiplicano i casi di club con proprietà fantasma, debiti insoluti e libri portati in tribunale, con migliaia tifosi che celebrano funerali di squadre che hanno fatto la storia del nostro campionato. Nonostante il caso che coinvolse il Parma, portato al fallimento da una gestione scellerata e da una cessione gestita in modo grottesco dalla lega di Serie A, di riformare la governance del calcio italiano non se ne parla. Meglio mettere una toppa e, se si aprono altri buchi, poco male: se ne metteranno altre.

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