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La seconda guerra dei videogiochi

Francesco Stati

Con l’acquisizione di Bungie da parte di Sony, il mercato dei videogiochi assiste a una nuova maxi-operazione. Ma la “guerra” non è più sull’hardware

Il business dei videogame non è un gioco. Dopo Microsoft, che ha comprato il publisher-software house Activision-Blizzard, ecco la risposta della rivale Sony. Il colosso nipponico, il 31 gennaio, ha annunciato di aver acquisito la software house statunitense Bungie. Se la cifra spesa è di gran lunga inferiore (3,6 miliardi contro circa 69), l’impatto sull’industria videoludica è comunque significativo.

Parliamo di un settore in costante crescita: nel solo 2021 ha generato oltre 180 miliardi di dollari di utili, contro i circa 151 nel 2019 (dati We PC LINK). Gli analisti finanziari, inoltre, prevedono una crescita di circa 9 punti percentuali annui nei prossimi 3 esercizi, arrivando a quasi 257 miliardi di dollari di utili nel 2025.

 

Bungie, Microsoft, Activision: destini incrociati

Oltre alla questione economica, l’acquisizione di Bungie da parte di Sony è una vicenda che offre molti punti di raccordo con l’acquisto di Activision-Blizzard da parte di Microsoft. La storia di Bungie, in particolare, ha incrociato varie volte quella dell’azienda fondata da Bill Gates e della sua più recente subsidiary.

Fondata 30 anni fa a Chicago, Bungie è la software house dietro il più importante franchise di videogiochi targato Xbox Game Studio: Halo. Quando Microsoft decise di sfidare il regno della PlayStation con la sua prima Xbox, nel 2000, fu proprio al fianco dell’azienda americana (con cui ha collaborato fino al 2007) che lanciò la sua console. “Halo: Combat evolved”, sparatutto in prima persona, vendette oltre un milione di copie nella prima settimana di vita dell’Xbox, mentre il secondo capitolo delle avventure di Master Chief arrivò a 8 milioni, diventando il videogioco Xbox più venduto di sempre. Con la seconda console Microsoft, la Xbox 360, la collaborazione tra Microsoft e Bungie si arricchì di nuovi capitoli. Halo 3, ancor prima del suo lancio, fu prenotato da più di 3 milioni di persone, fatturando l’allora cifra record di 170 milioni di dollari nel primo giorno di vendite. Oggi, il franchise creato da Bungie (ora gestito da 343 Industries, creata da ex dipendenti della software house) frutta a Microsoft 10 miliardi ogni anno.

Non solo legami con il colosso di Redmond: la storia di Bungie è legata a doppio filo anche con quella di Activision-Blizzard. Dopo il sodalizio con Microsoft, la “mamma” di Halo, stanca di lavorare solo su Xbox, decise di affrancarsi e allargare i suoi orizzonti. A tale scopo, dal 2010 al 2019 la software house strinse una stretta collaborazione con il publisher americano, attraverso la quale sviluppò il suo titolo più recente, Destiny, distribuito su PlayStation, Xbox, PC e Google Stadia. L’accordo, i cui dettagli sono stati resi pubblici nel 2012, prevedeva che Activision detenesse l’esclusiva per la pubblicazione dei vari titoli del franchise, ma che i diritti sulla proprietà intellettuale rimanessero in capo a Bungie.

Il sodalizio, interrotto nel 2019, non ha lasciato però un bel ricordo nei fan del titolo e negli addetti ai lavori di Bungie. Nel 2020, Martin O’Donnell, ex Executive dell’azienda e compositore delle colonne sonore di Halo e Destiny, ha commentato così l’operazione: “È stato sbagliata dal principio. Non fu solo una questione di soldi: accettammo anche per il tema dei diritti di proprietà. Le interferenze di Activision nel processo creativo, però, sono state molte e non siamo riusciti a gestirle”.

 

Da Microsoft a Sony: dove va l’industria dei videogames

O’Donnell, licenziato da Bungie nel 2012, suggeriva che Bungie stesse pensando a un ritorno all’ovile, forse a un nuovo accordo con Microsoft. Oggi, però, è Sony che ha deciso di puntare forte sul publisher e il suo Destiny. Nell’annuncio dell’acquisizione salta all’occhio un dettaglio: il ceo di Sony, Jim Ryan, e quello di Bungie, Pete Parsons, hanno dichiarato che il franchise sci-fi resterà multi piattaforma e non diventerà esclusivo delle console nipponiche. È quindi una risposta all’operazione di Microsoft e a quella di Take-Two, che ha acquistato la software house Zynga (sviluppatrice, tra le altre, di Farmville) per più di 12 miliardi di dollari? Secondo il direttore di Games Industry, Chris Diring, che ha dato per primo la notizia, non è così: l’accordo sarebbe frutto di sei mesi di contrattazioni, non un’iniziativa estemporanea. Inoltre, Ryan ha dichiarato che nel prossimo futuro PlayStation potrebbe effettuare molte operazioni simili a questa.

 

Se i titoli non saranno più comprati per limitarli a un solo dispositivo, cosa succederà? I guadagni sempre più grandi del settore videoludico e le acquisizioni delle ultime settimane suggeriscono un’altra strada. Con l’arrivo sulle varie console di sistemi in abbonamento stile Netflix, come PS Now e Game Pass, dove con 10 euro al mese si ha accesso a una libreria enorme di titoli, l’obiettivo è renderle sempre più ricche di contenuti inclusi nel prezzo dell’abbonamento. I videogiochi, dunque, seguono la strada degli altri settori di intrattenimento: non è più una questione di hardware, destinato a deperire e a essere sostituito, ma di proprietà di titoli e franchise, destinati a rinnovarsi a ogni generazione di console. Non più guerra dei bottoni, ma guerra dei contenuti.

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